Sangue mio
- di Davide Ferrario

Sangue mio, si legge tutto d’un fiato. Il tono è evidentemente intimo, personale e ricco di sentimenti profondi che arrivano dritto a chi legge, senza alcuno sforzo interpretativo. Molti gli argomenti toccati, dal carcere, alla malattia, all’amore tra padre e figlia. I protagonisti sono Ulisse e Gretel. Ulisse sta trascorrendo gli ultimi giorni in galera dopo diciotto anni di reclusione scontati a seguito di una condanna per rapina e omicidio. Ad attenderlo all’uscita dal carcere troverà, del tutto inaspettatamente, Gretel, una figlia di cui conosceva l’esistenza ma che non aveva mai incontrato prima. La ragazza è gravemente malata e desidera che sia lui, unico parente rimastole al mondo, ad accompagnarla in un viaggio che li condurrà da Torino a Maratea. Durante questo pezzo di strada insieme i due scoprono, con inspiegabile naturalezza, di appartenersi l’un l’altro come solo a un padre e a un figlio è concesso. “Gretel è mia in un modo sconosciuto, che ha a che fare con la carne, ma non con la voglia…come se vedessi qualcosa di mio sotto forma femminile”.E’ un legame nuovo quello scoperto dai due, che unisce senza bisogno che sia il tempo della vita a saldarlo indissolubilmente. Un legame di sangueappunto che può salvare dalla solitudine mortale anche quando la vita impone di affrontate sfide importanti (il buio della malattia o l’agonia della vita carceraria) di fronte alle quali le tue forze da sole non bastano.