Quel che affidiamo al vento

Prima di leggere questo libro è necessario capire dove ci troviamo. Non solo il dove, ma la storia di quei luoghi realmente esistenti, e il perché.

Siamo in Giappone, su una collina della città costiera di Otsuchi. Qui sorge nel giardino di Bell Gardia, “il telefono del vento” in giapponese Kaze no Denwa. È lì dal 2010, da prima che la costa giapponese di Tōhoku venisse colpita da un violento tzunami, l’ 11marzo 2011, che uccise quasi 20 mila persone. Fu allora che una ragazza, Itaru Sazaki, decise di aprire ai suoi concittadini la cabina telefonica che circa un anno prima aveva costruito per mettersi “in contatto” con un caro cugino morto. Al suo interno un telefono scollegato, un quaderno, una penna e una vista aperta sulla collina ventosa. Non sappiamo se potesse davvero immaginarne gli effetti, ma ben presto quel luogo sarebbe divenuto meta di pellegrinaggio per migliaia di persone desiderose di stabilire un collegamento, sia pure solo emotivo, con i propri cari defunti.

In questa cornice si colloca la storia di Yui, che in quello tzunami ha perso la figlia e la madre. La sua vita va avanti, si trascina apaticamente tra il lavoro in radio e poco più. Poi un giorno proprio nel suo programma radiofonico decide di coinvolgere gli ascoltatori con una domanda:

“Cosa vi ha reso più semplice alzarvi la mattina e andare a letto la sera dopo un grande lutto? Cosa vi permette di stare bene quando vi sentite afflitti?”.

Sarà l’ultima telefonata di un ascoltatore che ha perso la moglie nello tzunami a portare alla luce qualcosa che non conosceva:

“ e insomma – aveva esordito la voce che aspirava a stretti intervalli una sigaretta – c’è questa cabina telefonica in mezzo a un giardino, su una collina isolata dal resto. Il telefono non è collegato ma le voci le porta via il vento. Dico: Pronto Yoko, come stai? E mi pare di tornare ad essere quello di una volta…”.

Il giorno dopo Yui parte per Otsuchi incredula, dubbiosa ma guidata da una speranza che sa divenire forza.

Quel luogo ben presto diventerà casa per lei, una casa nella quale tornare almeno una volta al mese, prima da sola poi in compagnia di Takeshi, rimasto solo con la figlia Hana dopo la morte della moglie. Il loro legame crescerà, divenendo forte e tramutandosi in qualcosa che Yui non avrebbe mai più pensato di provare per un uomo, ma soprattutto per una bambina, sua figlia. Lo stato d’animo della protagonista, la sua incredulità ed il suo sgomento dinnanzi alla vita che resiste, che va avanti con un senso e nella direzione dell’amore, sono descritti con una leggerezza che sfiora l’animo del lettore senza per questo mancare di comunicare la rivoluzione che li governa.

Il significato del telefono del vento, di quel luogo dell’anima che noi tutti sappiamo reale e in cuor nostro speriamo di raggiungere un giorno per provare a lenire il vuoto di assenze infinitamente dolorose, insieme alla storia della delicata Yui, consegnano al lettore la speranza che è sempre possibile ricostruire se stessi, e che la rinascita mai potrà essere un tradimento di ciò che siamo stati e di chi non c’è più.

“La fragilità Yui l’aveva conosciuta soprattutto dentro di sé, in ogni interstizio di quegli interminabili anni, dal marzo 2011, al giorno in cui avrebbe incontrato Takeshi, e infine al giorno in cui avrebbe finalmente preso in mano la cornetta del Telefono del Vento e avrebbe parlato con sua madre e sua figlia….Se glielo avessero domandato adesso, sarebbe stata sicura. La vita consumava, col tempo creava innumerevoli crepe, fragilità. Erano però proprio queste a decidere la storia di ogni persona, a far venir voglia di andare avanti per vedere cosa sarebbe successo poco più in là. Yui un giorno avrebbe pianto, e sarebbe stato insieme un battesimo e un funerale”.

Il telefono del vento – Sito ufficiale

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