I privilegiati

Cynthia e Adam Morey sono giovani, belli, brillanti. Decidono di sposarsi, a poco più di vent’anni, con un unico scopo comune: costruire la propria vita all’insegna dell’ascesa sociale e del successo, prendendo le distanze il più possibile dalla modesta esistenza dei genitori, cui guardano con disprezzo. Ciò che emerge con chiarezza è che l’autore, Jonathan Dee, voglia fare dei due protagonisti il simbolo di una nuova classe sociale, che individua nell’arricchimento materiale l’unico obiettivo possibile. Riuscirci significa rientrare nella schiera dei “privilegiati”, di coloro che, nonostante tutto, ce l’hanno fatta. Ma c’è dell’altro. Sebbene si colga perfettamente lo sfondo sociale della storia, ciò che non può sfuggire ai lettori, è la purezza del sentimento d’amore che anima i due giovani; un amore grande, forte, pulito che non dimentica mai di autoalimentarsi, tanto nei momenti di difficoltà quanto in quelli di gioia. Cynthia e Adam sono ognuno la ragione di vita dell’altro; le loro pareti domestiche rappresentano i confini di un microcosmo che, ignorando con altezzosa indifferenza, tutto quanto non gli appartenga, li tiene uniti e li protegge. Forse è proprio la presenza invadente di questo sentimento a esimere l’autore da qualsiasi giudizio morale sulle ambizioni materiali dei protagonisti, i quali, dopotutto, non fanno altro che inseguire quel sogno di ricchezza che appartiene a tutti noi, desiderosi, chi più chi meno, di godere dei privilegi che solo essa può offrire.

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