Finché il caffè è caldo

Una piccola caffetteria giapponese, il cui ingresso buio e anonimo è posto in una stradina secondaria e fuori mano, può rivelarsi un luogo sorprendentemente magico. Alcuni giornalisti locali se ne sono occupati nel corso degli anni e in molti conoscono la storia, ma pochi hanno avuto il coraggio di affrontare il viaggio. Si dice, infatti, che in quel caffè,  rispettando alcune precise indicazioni e seguendo 5 inderogabili regole, si possa fare ritorno ad un momento nel passato, ad una precisa circostanza nella quale si è compiuta una scelta sbagliata, o non si è fatto ricorso alle parole giuste o ancora non tutte le valutazioni sul “dopo” sono state fatte nella maniera corretta influenzando significativamente il futuro ed il rapporto con le persone amate. Ci si siede su una sedia, si ordina una tazza di caffè caldo fumante e si pensa esattamente a quale momento della propria vita passata si vuole fare ritorno; una regola su tutte però non deve essere assolutamente violata: bisogna finire il caffè prima che si sia raffreddato. 

Le storie di Fumiko, Kotake, Hirai e Kei, tutte accomunate da un doloroso rimpianto, da un vuoto che occorre colmare per proseguire con passo meno incerto nel presente, ci fanno pensare a quale momento della nostra vita vorremmo rivivere avendone la possibilità. Allo stesso tempo però ci costringono a rilevare l’innegabile valore del presente, l’unico spazio temporale nel quale è possibile agire, fare, decidere per dare il giusto impulso al futuro facendo tesoro del passato e dei suoi errori. Il tutto è tenuto insieme da una spiritualità unica come quella giapponese per la quale la vita e la morte, il passato ed il presente confluiscono naturalmente l’uno nell’altro come un flusso di energia che non si interrompe mai ma muta solo la sua essenza. 

Il romanzo non è dirompente devo ammettere ma il tema è originale e ci consente di staccarci per un secondo dalla dimensione “reale” cosa che secondo me, a volte, non guasta.

Consigliato?
3/5
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