Edoardo Leo – La serenata ai tempi del Covid
Voglio riproporvi e condividere con voi questo monologo recitato da Edoardo Leo a Propaganda Live nella puntata del 30 ottobre.
https://www.la7.it/propagandalive/video/edoardo-leo-la-serenata-ai-tempi-del-covid-30-10-2020-347732
Edoardo Leo è…lui, quello che conosciamo, che ci piace sempre. Ma in questo caso ho percepito qualcosa in più, forse per l’antica regola sempre valida (nei libri sicuramente lo è) per cui esprimiamo parere positivo su qualcosa quanto più la troviamo vicina a noi stessi, al momento che viviamo, a quello che siamo. Perché la condivisione di uno stato d’animo, di una situazione può essere essa stessa una risposta senza esserlo veramente. E allora Edoardo Leo poteva essere, concretamente e con la sua consueta sincerità, me, mio marito, i miei genitori, uno dei miei amici. Perché stiamo condividendo qualcosa di enorme e forse, sempre per la stessa regola che ritorna, questa vicinanza, questa comunione gli uni con gli altri nella difficoltà potrebbe rappresentare da sola qualcosa di positivo. Così è stato durante il lockdown di marzo quando, in fin dei conti, eravamo spaventati ma ci sentivamo uniti. Ci riscoprivamo popolo, nazione, tanti individui che si sentono una cosa sola. Ma, e qui torno al contenuto del monologo, quello che ci troviamo a condividere adesso è qualcosa di diverso, che non volevamo. Lo sgomento che avvertiamo non è causato dall’inaspettato che si presenta non richiesto a turbare l’ordinario, ma è invece figlio della frustrazione. Sempre più vicini alla resa ma ancora combattenti ci chiediamo ogni giorno cosa sia giusto fare, come sia corretto comportarci, e ci troviamo smarriti davanti ad un’unica certezza: non ricevere risposte precise da coloro che dovrebbero fornircele. Allora abbiamo PAURA, perché non sappiamo, non capiamo e non troviamo risposte. Anche io ho paura. Ho paura perché ammalarsi vuol dire nella maggior parte dei casi non avere la possibilità di essere ascoltati per capire cosa fare. Ho paura perché abbiamo perso le certezze che erano alla base della vita quotidiana (dal lavoro, alla scuola, alla socialità con amici e parenti) e viviamo come sospesi in attesa di un futuro di liberazione e rinnovamento che percepiamo troppo lontano. E la paura abbaglia, toglie lucidità, non unisce realmente, accomuna mentre divide. Per concludere e ritornando alla “regola” cui accennavo all’inizio, se possiamo condividere qualcosa con gli altri noi scegliamo l’attesa, preferiamo la speranza e la voglia di rimboccarsi le maniche per ripartire da dove ci siamo lasciati, non la paura. Speriamo di essere ascoltati.